L'uomo moderno crede di perdere "il tempo" quando non fa le cose in fretta;
eppure non sa che cosa fare del tempo che guadagna, tranne che ammazzarlo.
Erich Fromm
Galleria Spazio Arte Petrecca a cura di Carmen D’Antonino e Gennaro Petrecca
vernissage Sabato 4 Marzo 2023 ore 18.00
Corso Maroncelli 180 Isernia – Molise – info@artepetrecca.com
NOTA CRITICA CARMEN D’ANTONINO E GENNARO PETRECCA: Citando il sagace Leo Longanesi “l’arte è un appello al quale in troppi rispondono senza essere stati chiamati” si rafforza in me il convincimento che Vittorio Iavazzo sia uno di quegli artisti che non hanno avuto necessità di un appello, di un richiamo all’arte.
Lui di essa si nutre forse per un richiamo ancestrale, innato in senso platonico, la sua arte è la proiezione della sua anima e del suo modo di concepire l’esistenza.
L’Accademia che lo ha formato, quella napoletana, è permeata di classicismo, dialoga anche geograficamente con uno dei più importanti musei archeologici del mondo ed è questo l’humus in cui il giovane artista affonda le sue radici.
Entrare nel suo studio è stata per chi scrive una esperienza sensoriale, di immersione nell’armonia mundi, ho condiviso con lui il gemito delle sue sculture, la velocità del suo tratto pittorico nei bozzetti preparatori, la silente presenza delle sue creature plastiche.
Coniugare classicismo e modernità è una sperimentazione nella quale si avventurano in tanti ma pochi riescono, in quanto presuppone non solo un approfondito studio dei classici, da Michelangelo a Bernini, ma impone una capacità di contaminazione profonda affinché il risultato sia artisticamente
degno di rilievo.
Il dinamismo delle forme scultoree di Iavazzo, magistralmente interpretato ed arricchito dall’uso di materiali che ne esaltano il plasticismo, le rendono immediatamente riconoscibili nel loro equilibrio tra la gioiosità circense, direi felliniana e la tragicità tipica delle maschere del teatro greco.
I dipinti e le sculture paiono animate nella loro stasi come reperti di Ercolano fissati in un tempo sospeso.
É l’afflato della vita che anima la materia, la sua produzione alchemica di corpi in sospensione, di forme avviluppate in equilibri improbabili ci parla della sua personalità sensibile, che rifugge il compiacimento, consapevole del suo valore intrinseco, lasciando che il suo tocco divino parli per lui.
Dalle sue mani, infatti, sgorga la vita.